lunedì, marzo 14, 2005

e di conseguenza con pessimi risultati

Le prime cento pagine le ho lette con curiosità: d'altronde il respiro sembrava meno provinciale della media dei romanzetti nazionali, il milieu ebraico, la saga che fa ricordare (anche troppo: alcuni caratteri sembran ricalcati) le peripezie della famiglia Gursky, da qualche parte si intravvede (messo lì ad arte) pure un po' di Roth. Solo un po' stucchevole la recherche a tutti i costi di risonanze proustiane. E comunque Bepy non ha un decimo del fascino di Barney Panofsky o di Solomon Gursky.
Poi poco a poco subentra una certa dose di ansia: ma dove andiamo a parare? Quale fantasmagorica sorpresa ci sta preparando con questa giostra di personaggi vieppiù confusamente abbozzati?
Le ultime cento pagine le ho lette irritatissimo saltando interi paragrafi. Alla quinta ripetizione di "apotropaico", usato forse proprio come rito propiziatorio, (ma ci sono tanti altri esempi di termini iterati con l'entusiasmo di chi sembra subirne un fascino appena scoperto), la tentazione di gettarlo contro il muro è stata forte.
Ma è solo nelle ultime 30, dove si capisce che tutto è ridotto alla narrazione, per quanto discretamente scritta (come il resto, del resto), banale, superficiale e imbrazzante delle pene d'amore di un paio di adolescenti, che mi sono accorto di essermi fatto infinocchiare dalla pubblicità, come un babbeo.
E dire che the petunias l'aveva già detto, e che su IBs.It la controcampagna è esplosa da tempo

E ora, per disintossicarmi, Manchette e Leonard.