lunedì, settembre 20, 2004

il consiglio dello stile

Uno degli effetti positivi dell'inizio della deambulazione del nano e della sua propensione ad assecondare e accelerare il naturale aumento dell'entropia del sistema casa estraendo tutto quello che trova dagli scaffali, c'è che fa saltar fuori cose di cui uno si era quasi scordato. Ieri sera ha scovato un instant-libercolo del 1986 sugli Style Council, il gruppo che Paul Weller fondò dopo lo scioglimento dei Jam e che furoreggiò tra l'84 e l'85, prima di naufragare in un oceano di velleitarismo. Il libercolo in sè è una ciofeca, ma ha avuto il merito di farmi andare a ripescare il meglio del gruppo che ha segnato i miei diciott'anni. Già. Infatti son passati giusto 20 anni dall'inverno 84-85, quando, con due lire tirate su spalando la neve della grande nevicata, corsi a comprare "Introducing the Style Council" e "Cafè Bleu" e il 12" di "Shout to the Top", che portai con me dopo averli riversati su cassetta, in una malinconicissima gita Vienna-Salisburgo, nella quale con quelle note struggenti nelle orecchie, mi struggevo d'amore per almeno un paio di ragazzine della IV C. Mentre nel giugno 85 preparai la maturità con "Our favourite shop" e quella copertina che non smettevo di analizzare con piglio feticista, come potessi entrare nella zucca di Weller (provate a farlo con quella del CD, vi cavate li occhi). Ma sto divagando.
Insomma, PW nel 77 lancia THE JAM, un gruppo nato come punk band sulla scia di Clash e Pistols ma di osservanza Townshediana, verso la cima delle hit virando lentamente nel RnB incazzato. Ma nel 1982, quando sono all'apice del successo, lo scioglie, e nel 1983, insieme a Mick Talbot (che aveva già militato nei Dexys Midnight Runners), fa esordire The Style Council con un pezzo soul tutto fiati e allegria, seguito a breve da un funky incazzatissimo e da un esotico pezzo languidissimo. Roba da matti. PW ha creato un ensemble/gruppo/concilio che fa musica divertente, molto cool, jazzata, elegante, quasi estetizzante, ma con testi di questo tipo, contro la politica del lavoro della lady di ferro, e intitola pezzi "Droppin' bombs on the Whitehouse" (che ora come minimo gli arriverebbe la Delta Force in studio di registrazione).
Copertine come quelle non le avevo mai viste: Parigi, i club fumosi, le lambrette, quell'aria da dandy vestiti da dio, le note altrettanto stilose ma dai contenuti sempre e esplicitamente impegnati e politici, essenza dell'approccio mod di Weller, che tra le altre cose fa un disco per sostenere i minatori in sciopero contro la Thatcher, appoggia campagne per il disarmo nucleare, reinveste i profitti del gruppo per fondare studi di registrazione economici e etichette indipendenti per i giovani musicisti squattrinati.
Dopo "OFS" sono andati un in vacca, i sempre mutevoli stati d'animo di PW devono averlo fatto un pò sbroccare. Poi si è ripreso alla grande, diventanto il "Modfather" nume tutelare di tanti musicisti britannici di ultima generazione (spesso mediocri).
Boh, io adesso quelli citati me li risento tutti, voi vedete un po'.

update: gli '80 sono popolari, di questi giorni, e anche gli SC