venerdì, gennaio 20, 2006

Volevo fare un post sulla visita del presidente.
Volevo farcene uno divertente, ironico, magari addirittura sarcastico, cacciarci del cinismo, tirarne fuori qualcosa di cool.
Il materiale ci sarebbe: le centurie di forze dell'ordine che calano sulla città in ostaggio dalla mattina presto, la mostruosa macchina organizzativa, la corte dei miracoli presidenziale, la facilità con la quale avrei potuto introdurre un'arma da fuoco se fossi stato un malintenzionato.

Oppure buttarla sullo stile: quel tizio azzimatissimo che nell'aula dell'incontro con le autorità accademiche aggiusta la pendenza delle bandiere, ravvia le code di cavallo dei corazzieri e ne sistema le nappe secondo un suo imperscrutabile disegno. O il dress code degli accademici all'occasione e la mappa gerarchica dei posti a sedere.

Al proposito si dovrebbe discettare sulla presenza del Vescovo, in detta aula, tempio della scienza e del sapere laici, nella citta che vide i successi illuministi e illuminanti (calembour!) del Volta (cosa diavolo ci entrava il Vescovo, non ce la faccio con tutta la buona volontà a capirlo, a me addirittura sembra una presa per il culo).

Si potrebbe scherzare sulle frasi di rito, sulla retorica, sul presidente che rivolge un appello ai giovani e, su una cinquantina di persone, sotto i 40 c'eravamo io e due studenti, e lui guardava in giro e strizzava gli occhi per cercare i destinatari del messaggio.

Invece niente, non mi viene niente, se non che quando è entrato e tutti si son messi ad applaudire (e poi anche dopo, ogni volta che salutava, che parlava, che stringeva una mano) aveva un sorriso così vero, così fanciullo e saggio insieme, che io quasi quasi mi commuovevo, e ho provato la soddisfazione di vedere, una volta tanto, l'uomo giusto al posto giusto.
Nonchè qualcosa che immagino simile al patriottismo.

Oddio, è durato suppergiù fino al primo Tg della sera.

Stamattina andava già meglio