qualcuno ha il numero del telefono azzurro?
carissimi, era un po' che non ci si sentiva! Sono Pietro, detto anche l'uomo ragno cattivo!
Ho avuto qualche problemino di salute, ma soprattutto con i matusa, che davvero comincio a non sopportare più. Prendete mio padre: sabato scorso doveva andare a milano, ad una blogfest, che se non ho capito male è un ritrovo di nerd che credono di non essere nerd. Bene, il vecchio era in fregola da giorni, aveva organizzato la sistemazione di me e mamma dalla zia fin dal venerdì, per preperarsi (riposare) degnamente in vista del party. Ovvio che gli ho preparato uno scherzetto: febbrone giovedì, sfebbrato venerdì, risalita della febbre sabato pomeriggio, resistente ad ogni attacco con tachipirina. Ore 17 il vecchio, invece di partire destinazione Via Sabina, portava me al pronto soccorso, dove mi diagnosticavano una otite (diagnosi poi dimostratasi errata) e mi davano altra tachipirina. La serata proseguiva col sottoscritto che simulava un comportamento catatonico, con pianto lamentoso ininterrotto, e rifuto di abbandonare le braccia della madre, una scena straziante in cui ho dato il meglio: dovevate vedere le facce dei due disgraziati. A quel punto, l'imprevisto: verso le 22, il fossile, vista ormai sfumata la serata di libertà, stremato, ansioso, ha pensato di impiegare il suo tempo a calcolare la quantità di paracetamolo da me assunta tra casa e pronto soccorso: in evidente crisi di panico ha telefonato al centro antiveleni che gli ha consigliato ("99% è inutile, ma fosse mio figlio lo farei", ah, beh, grazie) di portarmi a fare un dosaggio del paracetamolo. Ore 23 (mi ero appena addormentato) mi svegliano con ago in vena, siamo di nuovo al pronto soccorso, alle una torniamo a casa con la seguente diagnosi: di paracetamolo in circolo ne ho pochissimo, dato che me ne davano dosi da cavallo ma via supposta, e io non le assorbivo, rimanendo febbricitante.
Per rimettere le cose in pari, mi rimaneva una sola vendetta possibile, colpire la parte più debole della coppia di aguzzini: ho passato il virus a mio padre.
Ho avuto qualche problemino di salute, ma soprattutto con i matusa, che davvero comincio a non sopportare più. Prendete mio padre: sabato scorso doveva andare a milano, ad una blogfest, che se non ho capito male è un ritrovo di nerd che credono di non essere nerd. Bene, il vecchio era in fregola da giorni, aveva organizzato la sistemazione di me e mamma dalla zia fin dal venerdì, per preperarsi (riposare) degnamente in vista del party. Ovvio che gli ho preparato uno scherzetto: febbrone giovedì, sfebbrato venerdì, risalita della febbre sabato pomeriggio, resistente ad ogni attacco con tachipirina. Ore 17 il vecchio, invece di partire destinazione Via Sabina, portava me al pronto soccorso, dove mi diagnosticavano una otite (diagnosi poi dimostratasi errata) e mi davano altra tachipirina. La serata proseguiva col sottoscritto che simulava un comportamento catatonico, con pianto lamentoso ininterrotto, e rifuto di abbandonare le braccia della madre, una scena straziante in cui ho dato il meglio: dovevate vedere le facce dei due disgraziati. A quel punto, l'imprevisto: verso le 22, il fossile, vista ormai sfumata la serata di libertà, stremato, ansioso, ha pensato di impiegare il suo tempo a calcolare la quantità di paracetamolo da me assunta tra casa e pronto soccorso: in evidente crisi di panico ha telefonato al centro antiveleni che gli ha consigliato ("99% è inutile, ma fosse mio figlio lo farei", ah, beh, grazie) di portarmi a fare un dosaggio del paracetamolo. Ore 23 (mi ero appena addormentato) mi svegliano con ago in vena, siamo di nuovo al pronto soccorso, alle una torniamo a casa con la seguente diagnosi: di paracetamolo in circolo ne ho pochissimo, dato che me ne davano dosi da cavallo ma via supposta, e io non le assorbivo, rimanendo febbricitante.
Per rimettere le cose in pari, mi rimaneva una sola vendetta possibile, colpire la parte più debole della coppia di aguzzini: ho passato il virus a mio padre.
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