martedì, aprile 18, 2006

quaranta e non più quaranta

(dove si va sul personale pesante, lo faccio anche per spezzare questo delirio postelettorale che mi ha preso)

Ecco, forse la sfiga è stata quella di avere suppergiù trent'anni quando Moretti faceva i quaranta. Tutti a passare lustri con la speranza di poter ripetere il tormentone dello splendore. Tutti con l'ansia da prestazione.

Poi vai a finire come la Mari (che tra l'altro da quando aveva diciott'anni noi già la chiamavamo la vecchia). Dopo 8 (otto!) anni di strizzacervelli e una vita passata a sembrare le chioccia di tutti, le due settimane precedenti al compleanno, il mese scorso, le ha passate a piangere e a telefonare anche ai più noti psicolabili della compagnia (me compreso, ça va sans dire). Chissà, probabilmente conta il fatto di aver sacrificato parecchio alla carriera e di non aver fatto un figlio, ma se il problema è tutto lì, non ci vuole molto a cambiare (si, le ho detto suppergiù così, embè?).
L'altroieri mi ha detto che è finalmente riuscita aottenere una sorta di retrocessione di carriera e va a vivere con il suo uomo in toscana. Non sono pervenute notizie sulle reazioni del disgraziato, un buddha cinuqantenne apparentemente fino ad ora passato indenne dalle nevrosi indotte da letture, frequentazioni e scelte sbagliate.

O prendi il Roberto, gli ultimi dieci anni passati a immolarsi sugli altari delle multinazionali, delle avventure nel mondo, del maschilismo come difesa, delle crisi di panico. Da quattro mesi si è rimesso con Marta. La stessa che poco meno di vent'anni fa lo aveva fatto uscire letteralmente di testa. Ora lei è fresca di separazione. Lui si ritrova felice e contento, nella migliore delle ipotesi (per lui) diverrà patrigno di due innocenti di 11 e 5 anni. Non si troverà male, visto che è regredito ai 13 e pare sia entusiasta di rifarle da gruccia (a tempo?) esattamente come in gioventù (si, gli ho detto proprio questo, e allora?). E per festeggiare il disatro incombente, una bella festa nella casa di campagna, come quelle che facevamo vent'anni addietro (non fosse che porto con me la doni e il mostro, affitterei una porche cabrio argentata e la stiperei di stupefacenti).

Io? Peccato solo io sia ancora parzialmente zoppo, altrimenti mi sentirei abbastanza splendido. Però ho capito che ormai i quaranta sono i trenta dei nostri genitori, quindi credo che aspetterò i 50, (arrivandoci!) per menarmela. Chissà se per allora avrò concluso qualcosa di tutto quello che ho in lista da anni. Ma sta tutto qui: un vago sentore di maturità me lo sento addosso da poco, direi da quando è arrivato il mostro. Ecco, il mostro: ha provato a cantarmi tanti auguri e io sono scoppiato a piangere come una fontana davanti a una dozzina di persone. E non ero ancora ubriaco. Infatti solo a pensarci sto per rifarlo. Scusate, vado o bagno la tastiera.