mercoledì, luglio 12, 2006

science friction

Ieri sera ho portato a cena una studentessa di phd statunitense, il di lei fidanzato, postdoc rumeno-statunitense, e un nostro dottorando.
Sono, come sempre accade in questi casi, andato a letto un po' sgomento (oltre che debitamente sbronzo). Questi strani ragazzi per la quale le chimica è pressochè tutto, con una preparazione e un fervore che io nemmeno mi sogno. Con i quali fatico a seguire una conversazione se questa prende un aspetto troppo tecnico (tipo una lunga dissertazione su quale siano i migliori strumenti per l'NMR, quali abbiano il software migliore, i prezzi e le prestazioni). Io non sono mai stato così, nemmeno 15 anni addietro. Non che a me non interessi la chimica. Semplicemente, non mi esalto per uno strumento o per un passaggio sintetico. Magari lo faccio per un risultato, ma per il fatto che è qualcosa di inatteso, oppure per la bellezza della spiegazione o del meccanismo attesi e previsti. Ma certo a cena non mi metto a discutere per ore di spettrometria di massa o risonanza magnetica.
Forse il problema sta nel fatto che ho sempre pensato che avrei anche potuto fare tutt'altro (magari restando in ambito accademico, ambiente che fa chic e non impegna), per esempio non mi sarebbe dispiaciuta l'economia, o magari le lingue orientali. E non parliamo della fisica. Magari la medicina no, che l'ipocondria già mi ammazza.
Per farla breve mi piacciono la ricerca, mi piacciono i libri, mi piace lo studio, forse un poco meno mi piace quello che studio.O magari è solo questione di tenere un po' di distanza da quello che faccio. O forse il fatto che è luglio, fa caldo e io ho bisogno di ferie.